EKSİK
A dì 22, vene letere di 17 di essi tarentini, che advisava la Signoria nostra come unanimi haveano levato in quatro luogi di la terra San Marcho, sperando esser acceptadi da la Signoria come fedeli subditi, et che per questa deliberation facta tutti li francesi, tarentini, albanesi et populo menuto insieme se erano afradeladi e pacificadi, e haveano electi sei [368] ambasadori, tra li qual tre francesi, i qualli vegnirano qui volendo intender un sì o no, si la Signoria li voleno acceptar. Et volendo, vol uno capitolo che, tolti una volta, più non se renda a caxa Aragona. Tutta questa terra, per questa dedition, era in grande alegreza, et come zonzerano diti oratori, scriverò li consulti et deliberation dil consejo di pregadi. Da Napoli, vene letere. Come intese il re Federico che tarentini havia levà San Marco, disse verso l’orator nostro: «Son contento la Signoria habia Taranto in governo, perché son certo sarà poi al mio comando.» Et per questo fo lecto in pregadi li capitoli fono facti con re Ferando quando li fo dato ajuto, li qual al principio di questo libro sono scripti. E fra li altri, n’è uno che prometeno a lui e soi heriedi non acetar alcuna terra dil regno che a’ nostri si volesse dar; ma si argomentava: el re non ha lassato heriedi de linea discendente, e fin che ’l vixe, non habiamo voluto aceptar; ma Ferando morì a dì 7, et da poi la morte si ha reso, ergo non è roto alcun pato; poi l’è meglio tuorli, acciò non vadino sotto turchi. Et cussì tutti diceva la sua.