Kaynak Türü
YAZIŞMA
Cilt No /Belge No
01/0728-32
Kayıt Tarihi
Haber Tarihi
Haberin Kaynağının Adı
Alvise Zorzi
Haber Kaynağının Niteliği
Patron
Haberin Çıkış Yeri
Haberi Alanın Adı
Girolamo Zorzi
Haberi Alanın Niteliği
Aile
Haberin Geliş Biçimi
Mektup
Haberin Ulaştığı Yer
Venedik
Kayıt İçeriği

Zaffo isimli gemi sahibi Alvise Zorzi'nin kayınbiraderi? Girolamo Zorzi'ye yazdığı Çuha Adası civarında Osmanlı donanması ile karşılaşmaları ve kıl payı kurtulmasını anlattığı mektubu

Kaydın Metni

Sumario di una lettera scrita de Candia per Alvixe Zorzi patron di la galia dil Zaffo. Narra dil pericolo scorso di l’armata turchescha, et è drezata a Hironimo Zorzi cavalier suo cugnato, de dì 10 lujo 1497, et in questa terra zonta a dì 24 avosto 1497 da matina.
Magnifico et generoso misier cugnado et come padre honorando. Scrissi a dì 6 dil presente di qui per uno gripo che partì per Coron, copioso dil caxo nostro seguito con l’armada turchescha, et per il zonzer di qui, a dì 5, di misier Zuam Francesco Venier, ho inteso quel magnifico provedador aver scrito de lì che tuti nui eramo stati morti e fondata la galia, et di questo à spazato uno bragatin per dar aviso di tal cosse. Mi doglio per lo affanno vi havete messo per el fiol. È qui con mi. Et non dovea spazar sì presto, ben che ’l sia venuto a Cao Malio e in quel luogo haver inteso la busia. Di tal nove, dovea prima saper il vero. El caxo nostro, magnifico cugnado, è stato che a dì 30 del passato, zercha a hore 4 di zorno, essendo nui intradi nel canal di Cerigo e Cao Malio, avesemo vista de l’armada turchescha, la quale era sorta soto Cao Malio. Discoperta quella, per far loro vela ad una ad una fino num. 9, ma non cognosuta da nui, la quale era fuste 5, galie sotil 2 et 2 barze, una, la più mazor, di bote 400, era il suo capitano suxo, su l’altra Richi corsaro, le quale vele subito tene la volta a nui con impito grando di remizar. Visto questo per nui, dubitando molto che dita armada non fosse Camalì, over altri corsari, et di quelo che ne hè intervenuto, deliberai, per più bene nostro, tuor l’altra volta, perché li modi et andar loro mostravano molto cativi. Tolta che io hebbi l’altra volta, fino a hore 6 di zorno manchome el vento, et romagnesemo in bonaza. Subito ne fono due fuste per pope a’ lai, dimandando che galia era la nostra. Per mi li fono risposo esser galia de San Marcho de pelegrini, come benissimo loro podevano veder per l’insegna che io havea fato levar de San Marcho in ventame et in staxe, et l’insegna del stendardo de la croxe. Li fono per mi dimandato che armada era la sua. Diseme turchescha. Domandai cui era capo di quella, over capitano, non volse dirlo; ma solo cridando: «calla, amaina» ad alta voce, per la qual cosa molto più dubitai non fosse Camallì di quello havea fato in prima. Visto questo, subito fisi meter la galia in hordene al meglio se poteno. In questo tempo, zonse una galia et una fusta cridando: «amaina, amaina» et per mi sempre li fo risposto: «Dimi cui hè el capitano, che farò el debito mio.» Loro non volse mai dirlo. Me parse, per debito mio et per honor de la nostra illustrissima Signoria, più presto dover patir morte et ogni altro pericolo che dover amainar, né honorar persone che non era cognosciute. Subito le dite 4 vele principia a dar la bataglia con assai colpi de bombarde, freze numero infinito, et rochete, et pignate de fuogo. In mancho de una hora, ne have brusada la mezana e l’artimon, nui sempre defendendose virilmente. Durò più di una hora. Dapoi zonse l’altre galie con el resto de le fuste, quale, senza dirne altro, ne dete l’altra bataglia crudelissima de bombarde, freze e fuogo, per modo che el forzo de nui fosemo feridi, et mi de 5 freze. Se impiono el focho sopra el castelo. Brusò tutto quello el copano. Sempre continuo tenene in bataglia, fino zercha a hore 24 et durò più de hore 11. Fezeno tutto suo forzo de poder montar sopra la galia, fra li quali gianizari 3 montono sopra la schaleta, et per nostri fono morti. Uno altro, con el suo stendardo, montò fino al timon, e anche questo fono morto, e do altri montono per pope de la barcha, et etiam questi, mediante l’ajuto di Cristo e di la sua Madre nostra advochata, fono morti. Nui tuti et pelegrini, sempre virilmente defenderce et repararse dal focho, el quale ne ha fato più danno. Dapoi zonse le 2 barze, le quale circonda la galia intorno, intorno, con qualche colpo de bombarda et freze. Et visto per loro, al modo e termene se atrovava la dita galia, che tutto el castello ardeva, con tutta la banda destra fino sopra el vivo per l’artimon che ardeva sopra quella banda; et etiam loro strachi del trazer de le freze et fuogi, el dito capitano feze levar la bandiera et domandò triegua, et cussì fono fato per mi. El dito capitano subito mandò la sua barcha per mi, con gianizari 5; deteme la fede per nome de loro capitano, andai a lui. Zonto che fui a la sua presentia, me fece dir queste parole: che di quanto era seguito per loro, è stato per averne tolto a fallo et non cognosuti, zudegando che la galia fusseno una galeaza de franzosi che loro aspectava de compagnia con una barza. Et per questo el manchamento era stà mio a non voler callar, et far honor a lui che ’l meritava per esser più posente de mi, et essendo nostro amigo. Li fixi risponder: che da mi non era causado manchamento alguno, perché non aria mai amainado, né fato honor a persona che io non sapea cui la fosse, tanto più, havendo io dimandato più volte a la sua fusta che me dovesse dir cui era el suo capitano, quella non volse mal(39) risponder né dirlo. Siché, per questo, la colpa era stata sua et non mia; con altre assai parole bene al proposito, in justification mia de la verità. Et inteso per lui questo, me fexe far sta risposte: «Patron, bisogna che tu habi pacientia di quanto è seguito, perché dovea esser cussì. È descrito sopra la nostra fronte che tu dovessi haver questo. L’è seguito: non se ne pol piui. Hor tu te ne anderai sopra la tua galia. Te farò remurchiarla fino in porto, et da matina vederò quello che se arà a far, et poi farò deliberation. Sta’ de bona voglia, né non haver paura alguna.» Tolsi combiato de lui. Vini in galia, e da lui fui remurchiado fino in porto, come lui disse. Dapoi, la matina, che fo a dì primo di questo, el dito capitano mandò per mi, et replicono le parole, digando che la colpa era stata più mia; che cussì dovesse confesar. Vene da poi hentro el Barbeta predito, per el quale fome ditto assai parole, fra le quale diseme: «Patron, questo mio capitano vuol che de tua man tu deponi che tuto quello che hè seguito è stada la colpa tua, et non sua, soto debito de sagramento datoti per uno capelam, et sotoscrito per el tuo scrivam, che di quanto scriverai sarà la verità, né non la denegerai, perché questo mio capitano vuol sta fede apresso de lui, per poderse defender in ogni luogo. Li respuxi: «Barbeta, di’ al tuo capitano, che atrovandomi ne loco dove mi atrovo, faria scriture et tutto quello che loro volea per haver la deliberation mia con tuti; ma dapoi la verità sempre sarà cognosuta per tuto.» Diseme: «Hor adoncha tu non vol far chiareza alcuna, né dir che la colpa è stada tua? Non sa’ tu ben, che tu non hai volesto callar? Non ti bisognava haver tanta superbia. Dovevi far el debito tuo ad honorar el tuo mazor et più potente.» Li respuxi: «Ben è vero che non posso in altro esser imputado si non in questo solo, che essendo fusto solo contra vele 9, et loro essendo de assai più forza de mi, per questa timidità doveva callar; ma questo non l’averia fatto per honor de la mia Signoria, de haver fato honor a persona non cognosuta per mi, né se à volesto dar a cognoser, in modo che io non podeva pensar altro si non male, come hè intervenuto.» Hor dapoi, el dito capitano me fece dir queste altre parole: «Patron, tu sai de quanto momento esser al mio Signor uno di questi suoi janizari, li quali sono più di 17 milia, et io son capo di loro. Li hano molto a chari. Apresia più una testa loro che cento milia ducati. Tu me n’ài morto più de 40. Che me respondestu a questo? Io per me non so che scusa poso trovar con el mio Signor, né quello li posso dir.» Li fexi responder: «Capitano, eri tu me festi dir che di quanto era stà seguito dovea esser cussì, per esser scrito nel fronte. Questo te dico, che essendo scrito in fronte che questi janizeri dovesse morir in sta bataglia, non se puol andar contra el voler de Dio. Abi pacientia, come io ho pacientia de la mia, la quale ne sono feridi più de 150 et morti 90.» Me respoxe a questo; «Patron, l’è seguito. La colpa è stata tua et mia, bixogna haver pacientia; et cui à budo el male, suo dano. Ma ben voglio dirti questo: che tu digi esser stata tua la colpa per non haver volesto calar.» Li rispusi quello che vi ho prescrito, e poi de assà parole, me licentiò, senza che li feze chiareza alguna. Me dimandò che volta volea tuor; quella de Modon, over de Candia. Li dissi: quella de Candia, per esserme più comoda, perché m’è più dapresso. Dimandai a lui dove dovea andar. Me dise: verso Syo, aspetar Camallì che dia insir con 2 nave, una di botte 700, l’altra di 400, fate conzar a Constantinopoli, et se dieno redur de compagnia per comandamento del suo Signor. Dapoi che fui zonto in galia, quelo gioton d’Erichi corsaro me mandò a dimandar che li donasse una vesta ad ogni modo. Mi parse meglio darla. Li mandai braza 5 scarlato; et questo fixi perché intendeva che ’l dito Richi zerchava, con ogni modo et via, che ’l capitano dovese tuor tuti li pelegrini con loro, e averli per presoni. Et per metigarlo alquanto, fisi questo, la qual fono bona. Essendo stà forzado a sto modo de mandar la vesta a Richi, me parse per bene mandar un’altra al dicto capitano, et cussì li mandai braza 5 scarlato, et barila una di Malvasia, e algune scatole di confeto et bozolai di più sorte. Tuto li mandai, non per presente ma come amigo, et cussì lui azeta. Magnifico misier cugnado, in vero el caxo nostro è stato tanto pericoloso de la vita nostra, quanto caxo che mai fosse. Nui se atrovavemo in tre manifesti pericoli, dal fuogo, ché la galia ardeva tuta, tegno siano stato un miracolo averla destuada; l’altro, de l’aqua; el terzo da spada. Questo ve dico, perché ho inteso per bona via et certa, se janizari podeva montar sopra la galia, tuti erano tajadi a pezi, perché loro haveano cussì deliberato per consejo del Barbeta che cognosete la galia de’ pelegrini, et dete ad intender a loro che li pelegrini hanno le budele d’oro. Idio, per la sua infinita bontà et misericordia, non volse tanto male de nui, come loro haveano pensado di far. Hor, con lo ajuto di Cristo, el sabato che fono a dì primo de questo, zercha a hore 24, tuti fessemo vella de compagnia. Loro tolse la volta de Syo, et nui de Candia, nel qual loco arivasemo a dì 3, zercha a mezo zorno. Nel qual luogo tutti semo stadi ben visti, et hano mostrato averne gran despiazer del caxo nostro. Nel qual luogo ho fato conzar la galia con lo ajuto de questi signori ducha et capitano et consejeri. Tuti me hano dato ogni ajuto. La partida nostra de qui, sarà, a Dio piazendo, doman de note, che sarà a dì 11 de questo. Ho indusiato più di quello me ha bisognato, solo per rispeto di feridi; ch’è invero, tra pelegrini et marinari, più de 90 feridi, di quali ne son morti n.° 6, zoè, uno cavalier alemano pelegrin che havea nome misier Cristofalo, el mio comito Alegreto di Budua, uno portolato che havea nome Biaxio, et homeni 3 a remo. Ne resta ancor 4 in pericolo. Tuto el resto sta bene gratia Dei, et mi ò auto pocho male, et son ben varito mediante lo ajuto de Cristo e de la sua Madre la quale me ha sempre ajutato. Misier Jacomo Zorzi el cavalier è de qui; mi ha fato bona compagnia et a Benedeto, et si ricomanda molto. Per questo caxo seguito, invero ho abuto gran danno, da ducati 400 in suso, per haver perso tuto l’artimon, la mezana, la tenda, el copano, assai remi, brusado tuto el castelo, brusato et la banda destra, gomene da garidar, fuste et tute le sartie de la mezana, con altri dani et manifesti pericolli di fuogo. Tre volte el fuogo introno nel pizuol, et do in giava da prova. Dio, per la sua bontà, non ha volesto tanto male. Beneto ha perso quasi tuta la sua roba, per esser stà el suo forzier sopra el castello. L’è romaso con una vesta sola et uno per di calze. Idio rengraziato che l’è scapolato et sano! Sta benissimo et di bona voglia. In questa terra, nulla si fa per esser intradita senza uno soldo.
In Candia, a dì 10 lujo 1497.
Vostro cugnado, ALVISE ZORZI. A tergo. Magnifico et clarissimo equiti domino Hieronimo Georgio cugnato, uti patri honorandissimo, Venetiis.

Kaynak Bilgisi
M. Sanuto, I Diarii di Marino Sanuto, Forni Editore, Bologna, (1969).